Confindustria, Nota di aggiornamento 5 luglio 2022 – Il nuovo Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro
Premessa
Il 30 giugno 2022, le parti sociali ed i Ministeri del lavoro, della salute e dello Sviluppo economico, con l’Inail, hanno sottoscritto il nuovo Protocollo per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro, che aggiorna e sostituisce il precedente del 6 aprile 2021.
Con la fine dello stato di emergenza (prorogato al 31 marzo 2022 dal DL 221/2021 e non più rinnovato), è venuta meno la prescrizione secondo la quale le attività produttive possono proseguire solamente adottando e rispettando i Protocolli¹: dal 1° aprile 2022, dunque, l’applicazione del Protocollo non è più obbligatoria per legge.
In assenza di una disposizione vincolante di legge, quindi, il Protocollo, anche nella sua versione attuale, mantiene la caratteristica della volontarietà.
Su sollecitazione del Governo, visto il permanere della situazione di contagio diffuso e considerata la norma che tutela il datore di lavoro in caso di adozione del protocollo contenuta nell’art. 29bis introdotto dalla L. n. 40/2020, il 4 maggio 2022 le parti sociali hanno convenuto sulla raccomandazione di continuare ad applicare, in via volontaria, il Protocollo, impegnandosi a rivedersi entro il 30 giugno per il suo aggiornamento.
Dopo alcune riunioni e confronti informali, il 30 giugno il Governo, l’Inail e le parti sociali hanno condiviso il Protocollo in commento che semplifica il precedente e interviene, in modo fortemente innovativo, sul tema delicato dell’uso delle mascherine, che in via generale non sono obbligatorie ma possono diventarlo, a certe condizioni, quale essenziale presidio di tutela delle persone.
Il nuovo documento è stato adottato a tutela di lavoratori e imprese in una fase dell’epidemia nella quale, da un lato, il legislatore ha manifestato un progressivo allentamento delle misure di precauzione, volto a favorire il rientro nell’ordinario in seguito alla cessazione dello stato di emergenza², e, dall’altro, si registra purtroppo una ripresa dei contagi.
Lo stesso Protocollo, in premessa, ricorda che gli esiti del costante monitoraggio sulla circolazione di varianti di virus SARS-CoV-2 ad alta trasmissibilità delle ultime settimane sottolineano l’importanza di garantire condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti e delle modalità di lavoro a specifica tutela dei lavoratori.
In considerazione di questo aspetto evolutivo, le parti si sono date appuntamento alla fine di ottobre nell’ipotesi in cui si registrino mutamenti dell’attuale quadro epidemiologico che richiedano una ridefinizione delle misure precauzionali.
La Premessa del Protocollo
La Premessa del Protocollo conserva la logica del precedente.
Sono, ovviamente, venute meno sia la prescrizione secondo le quali la prosecuzione delle attività produttive può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione sia, in mancanza ormai di una base normativa, quella in base alla quale la mancata attuazione del Protocollo, che non assicuri adeguati livelli di protezione, determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.
I riferimenti al lavoro agile, superato il ricorso in via eccezionale agli ammortizzatori sociali per consentire la riduzione o la sospensione temporanea dell’attività, sono ora contenuti al successivo punto 13, dove le parti sociali hanno manifestato l’auspicio della proroga dello strumento del lavoro agile emergenziale.
È stato confermato il punto essenziale del Protocollo secondo il quale “il virus SARS-CoV- 2/COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione. Il presente protocollo contiene, quindi, misure che seguono la logica della precauzione e seguono e attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria”.
Si tratta di una conferma importante, in via generale ed ai fini della impropria qualificazione del Covid come infortuni sul lavoro, soprattutto alla luce del recente importante intervento della Corte costituzionale³ che ha definito il Covid come “un virus respiratorio altamente contagioso, diffuso in modo ubiquo nel mondo, e che può venire contratto da chiunque, quali siano lo stile di vita e le condizioni personali e sociali. Innanzi a tali presupposti, la misura predisposta dal legislatore concerne quindi una vasta ed indeterminata platea di persone”.
Una rilevante pronuncia, questa, che si salda alle due precedenti⁴ che avevano escluso che un rischio generico come la pandemia malarica (“la malaria infestava intere regioni del Paese e costituiva un rischio generico di malattia e di morte per le popolazioni, non un rischio specifico dei lavoratori”) possa costituire un rischio specifico assicurato dall’Inail (dal momento che “con l’assicurazione contro gli infortuni, il legislatore ha apprestato una tutela differenziata per i rischi professionali, quelli cioè cui i lavoratori sono esposti in ragione dello svolgimento della loro attività produttiva, nel senso che è questa a determinare l’esposizione al rischio di un evento lesivo. Alla specificità di tale tutela corrisponde il requisito della professionalità del rischio, espresso nel concetto di “occasione di lavoro”).
L’incoerenza della qualificazione del COVID come infortunio sul lavoro per tutte le imprese è comprovato anche da un recente Parere dell’ACSH – il Comitato consultivo dell’UE per la sicurezza e la salute sul lavoro: tale organo , da un lato, sostiene la qualificazione del Covid come malattia professionale (e non infortunio sul lavoro, che ha un regime probatorio assai differente, in quanto collegato ad una mera occasione e non , come la malattia, ad una causa lavorativa) e, dall’altro, non ne prevede una indistinta applicazione a tutti i settori di lavoro (come invece fatto in Italia nel 2020) ma esclusivamente “in health and social care and in domiciliary assistance, or in a pandemic context, in sectors where there is an outbreak in activities in which a risk of infection has been proven”.
Proseguendo nell’analisi, vengono meno, ovviamente, tutti i riferimenti al DPCM 2 marzo 2021, ormai non più attuale.
Viene, invece, confermato che il Protocollo – aggiornato alle disposizioni più recenti – costituisce una linea guida sulla base della quale le aziende dovranno aggiornare i propri protocolli, da integrare con altre eventuali misure equivalenti o più incisive secondo le peculiarità della propria organizzazione.
1. Informazione
Lo scambio reciproco di informazioni costituisce una valida strumentazione per arginare la diffusione del virus in quanto responsabilizza datore di lavoro e lavoratore a trasferire reciprocamente le informazioni fondamentali per una gestione dell’ambiente di lavoro in sicurezza.
È venuto meno l’obbligo di rimanere al proprio domicilio in caso di temperatura superiore a 37,5°, essendo caduta la norma di base che legittimava questa previsione pattizia.
L’informazione circa la consapevolezza delle restrizioni all’accesso in azienda è stata aggiornata in considerazione delle modifiche normative intervenute nel tempo e va ora posta in relazione con le nuove disposizioni in tema di isolamento e autosorveglianza (art. 10-ter, DL 52/2021 e circolare del Ministero della salute n. 19680 del 30 marzo 2022), parametro al quale va ricondotto anche il tema della riammissione al lavoro (oggetto di specifica disciplina al successivo punto 2 del Protocollo).
Quanto agli impegni, sono venute meno le specifiche prima contenute tra parentesi in quanto non più attuali ovvero, come nel caso del rispetto delle norme igieniche, perché oggetto di specifica disciplina (es., punto 5).
Viene eliminata la previsione inerente alla mascherina chirurgica in quanto essa non costituisce più un dispositivo di protezione individuale (dal 30 aprile 2022, DL 24/2022, art. 5, comma 8), per cui il Protocollo fa esclusivamente riferimento ai dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo facciali filtranti FFP2, che sono DPI ai fini del Dlgs 81/2008.
Ne consegue che la mascherina chirurgica, ai fini del Protocollo e delle sue conseguenze in termini di tutela del datore di lavoro, non costituisce più un rimedio efficace.
2. Modalità di ingresso nei luoghi di lavoro
Nonostante possa sembrare non più attuale e sia da sempre facoltativa, è stato ritenuto opportuno confermare la disposizione secondo cui il datore di lavoro può misurare la temperatura corporea ai fini dell’accesso al luogo di lavoro. Apparentemente obsoleta, in realtà questa azione può costituire una protezione, soprattutto una volta che altri strumenti di limitazione all’ingresso (es. green pass) sono venuti meno.
Controllare la temperatura prima dell’ingresso consente, infatti, di precludere l’accesso in azienda, evitando così che il sintomo, eventualmente già presente al momento dell’ingresso ma non riscontrato perché non verificato, possa essere poi denunciato durante il lavoro, incrementando sia le occasioni di contagio all’interno sia le problematiche derivanti dalla gestione della persona che manifesti i sintomi in azienda (secondo le modalità indicate nel successivo punto 11).
Inoltre, per chi intendesse ricorrere a questo strumento, era importante mantenere la previsione e la nota inerente alla privacy, che – a suo tempo condivisa con il Garante della privacy – legittima la misura e descrive le garanzie da adottare in occasione di tale verifica.
Sono invece venute meno tutte le considerazioni inerenti alle altre preclusioni, in quanto o non più attuali (es., viaggi) ovvero superate dal regime dell’autosorveglianza in caso di contatto stretto.
Di particolare importanza, l’aver declinato puntualmente (e non genericamente, come nel Protocollo precedente) la modalità di rientro al lavoro dopo l’infezione da virus (quindi dopo la fine dell’isolamento, e non dopo la quarantena, che non presuppone il contagio): le modalità sono ora individuate, come detto, nel rinvio alla legge (art. 4 del DL 24/2022) ed alla seguente circolare n. 19680/2022 del Ministero della salute.
La disposizione va coordinata con la differente ipotesi di rientro al lavoro dopo l’infezione che ha dato luogo ad ospedalizzazione, contenuta nel successivo punto 12.
È stato, infine, rimosso il riferimento al tema degli affollamenti, oggetto di un DPCM ormai non più attuale.
3. Gestione degli appalti
In una logica di semplificazione, il tema dell’accesso dei fornitori in azienda è stato ricondotto al tema della gestione degli appalti.
Sono venute meno le indicazioni restrittive inerenti all’accesso dei fornitori, le regole relative all’accesso degli autisti, ai servizi igienici a loro dedicati, alla riduzione dell’accesso dei visitatori.
Pur essendo venuto meno il passaggio dedicato al servizio di trasporto organizzato dall’azienda, resta fermo che ai lavoratori dovranno essere messe a disposizione mascherine di tipo FFP2. Si può far qui riferimento ad un aspetto, che verrà approfondito successivamente (punto 6), inerente all’ipotesi che il datore di lavoro, su specifica indicazione del medico competente o del RSPP, possa imporre l’uso della mascherina (in deroga all’espresso venir meno dell’obbligo di indossare le mascherine).
Laddove, infatti, il servizio di trasporto comporti, ad esempio, la compresenza in spazi ristretti e per un tempo considerevole o ripetuto, ovvero laddove sia presente una persona fragile tra gli utenti, questa situazione potrebbe costituire uno specifico presupposto per rendere obbligatoria la mascherina FFP2.
È stata anche semplificata la gestione del sistema dell’appalto, in quanto viene uniformato il comportamento dei lavoratori dell’azienda in appalto con quelli dipendenti dalla committente, in quanto tutti dovranno rispettare il protocollo dell’azienda committente. Qui potrebbero verificarsi delle discrasie con le previsioni del Protocollo relativo ai cantieri (Ord. 9 maggio 2022), ma il senso del Protocollo è chiaro e coerente: garantire uniformità di comportamenti.
4. Pulizia e sanificazione in azienda, ricambio dell’aria
Sostanzialmente confermate le misure presenti nel Protocollo precedente.
Le parti hanno discusso se intervenire sulla sanificazione (la cui esclusione è stata inizialmente proposta dal sindacato). Pur condividendo l’esigenza di semplificazione, alla fine il tavolo ha confermato le misure, in considerazione, da un lato, che ormai le pratiche di sanificazione sono entrate nel sistema ordinario di gestione della pulizia in azienda e, dall’altro, che la minore diffusione dell’uso della mascherina (ormai sostanzialmente volontaria) ed il tendenziale ritorno al lavoro in presenza possono comportare una maggior circolazione del virus.
5. Precauzioni igieniche personali
Sostanzialmente confermate le misure presenti nel Protocollo precedente.
Viene meno il riferimento alla preparazione del gel (che poteva aver senso nella primissima fase della pandemia ma già poteva ritenersi superato nella versione del Protocollo del 2021).
Il riferimento ai detergenti viene esteso ai disinfettanti, tenendo conto che mentre con la detersione si rimuovono solamente lo sporco ed i microrganismi in esso presenti, con conseguente riduzione della carica microbica, è con la disinfezione (cui deve obbligatoriamente precedere la detersione) che si pongono in essere efficaci procedimenti e operazioni atti ad abbattere la carica microbica utilizzando biocidi o presidi medico-chirurgici.
Non si tratta di una novità ma di una precisazione che, in realtà, era già presente nel decalogo del Ministero della salute dal 2020.
6. Dispositivi di protezione delle vie respiratorie
Si tratta del punto di maggior novità dell’intero Protocollo, in quanto chiarisce esplicitamente che l’uso della mascherina nei luoghi di lavoro non è più obbligatoria e che l’utilizzazione volontaria da parte dei lavoratori è legata al ricorrere di alcune condizioni particolari di rischio: “l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo facciali filtranti FFP2, anche se attualmente obbligatorio solo in alcuni settori secondo la vigente disciplina legale, rimane un presidio importante per la tutela della salute dei lavoratori ai fini della prevenzione del contagio nei contesti di lavoro in ambienti chiusi e condivisi da più lavoratori o aperti al pubblico o dove comunque non sia possibile il distanziamento interpersonale di un metro per le specificità delle attività lavorative”.
Per apprezzare i passaggi di questa previsione occorre discostarsi dalla tradizionale impostazione della sicurezza sul lavoro, dalla affermazione della consueta iper- responsabilizzazione del datore di lavoro per la pervasività degli obblighi, generici o specifici, presenti nel Dlgs 81/2008.
Per la prima volta si dà attuazione al principio giurisprudenziale secondo il quale “in materia di prevenzione antinfortunistica, si è effettivamente passati da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori (non soltanto fornendo i dispositivi di sicurezza idonei, ma anche controllando che di questi i lavoratori facessero un corretto uso, imponendosi contro la loro volontà), ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori, sui quali, ai sensi dell’art. 20 d.lgs. n. 81/2008, grava effettivamente l’obbligo di attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e agire con diligenza, prudenza e perizia”⁵.
a. La fine dell’obbligo di uso della mascherina
Il Protocollo parte dalla osservazione che la recente normativa (espressamente individuata nell’art. 10-quater del decreto-legge 22 aprile 2021 n. 52 convertito con modificazioni dalla legge 17 giugno 2021 n. 87, come modificato dall’art. 11, comma 1, del decreto-legge 16 giugno 2022, n. 68) ha fatto venir meno in via generalizzata l’obbligo dell’uso della mascherina.
In allegato 1 è riportato uno specchietto che ripercorre i termini di decadenza dell’uso della mascherina nelle diverse attività.
Il puntuale riferimento normativo citato nel protocollo consente sia di cogliere con precisione il venir meno dell’obbligo e di individuare le uniche ipotesi nelle quali esso è invece ancora vigente, ossia il settore dei trasporti (con esclusione del trasporto aereo) e il settore della sanità.
Quindi, la Premessa contiene il chiarimento, richiesto da Confindustria, in ordine alla permanenza dell’obbligo solamente in due settori, per evitare incertezze interpretative a fronte di un cambiamento così importante.
b. Il perdurare del rischio di contagio
Il venir meno generalizzato dell’obbligo, tuttavia, va coniugato con l’andamento epidemiologico, ancora non tranquillizzante ed anzi in ripresa. Quindi, lungi dal poter affermare la fine del rischio, il Protocollo precisa opportunamente che le mascherine costituiscono un “presidio importante” in tre situazioni puntualmente indicate: ambienti chiusi e condivisi da più lavoratori; ambienti aperti al pubblico; ambienti dove, comunque, non sia possibile il distanziamento interpersonale di un metro per le specificità delle attività lavorative.
La disposizione costituisce un monito rivolto all’utilizzatore in ordine al fatto che la liberalizzazione dell’uso della mascherina deve tener conto della perdurante possibilità di contagio.
c. La ponderazione tra assenza di obbligo e rischio di contagio
Pertanto, nell’effettuare una ponderazione tra la decadenza dell’obbligo di legge ed il quadro epidemiologico ancora critico, il Protocollo (che pure avrebbe potuto conservare l’obbligatorietà della mascherina FFP2) pone a carico del datore di lavoro esclusivamente l’obbligo di assicurare la disponibilità delle mascherine FFP2 e non anche quello di vigilare in ordine al suo effettivo utilizzo e reagire di fronte al mancato uso o all’uso non corretto e lascia libero il lavoratore di utilizzarla autodeterminandosi, nella consapevolezza che, soprattutto nelle situazioni indicate, è ancora presente un rischio per la salute.
Come precisa il Ministero del lavoro nella propria nota, infatti, “l’attuale Protocollo è più snello e contiene una serie di misure di prevenzione che tengono conto dell’evoluzione della situazione pandemica: è una semplificazione importante del quadro di regole ma non è un liberi tutti, considerata l’impennata dei contagi di questi giorni”.
Questa differente responsabilizzazione identifica la logica collaborativa sopra richiamata: la responsabilità del datore di lavoro per il contagio cede rispetto a quella del lavoratore, il quale è l’unico a poter decidere se indossare la mascherina.
Va precisato che la disponibilità della mascherina FFP2 va assicurata a tutti i lavoratori e non solamente a quelli esposti alle situazioni maggiormente rischiose sopra esplicitate.
d. Il mantenimento dell’obbligo in situazioni particolari
Dal venir meno delle disposizioni – sia di legge che di Protocollo – che impongono o raccomandano l’uso della mascherina, deriva anche il venir meno del fondamento giuridico, per il datore di lavoro, del diritto/dovere di imporla.
Vi possono essere, tuttavia, delle ipotesi particolarmente critiche, nelle quali – nonostante il venir meno dell’obbligo – non si può lasciare spazio all’autodeterminazione del lavoratore ed il datore di lavoro deve poter recuperare la gestione della tutela precauzionale.
Per assicurare tale possibilità, si è accolta e adeguatamente modificata la proposta contenuta nella seconda parte del punto 6, che configura una ipotesi aggiuntiva rispetto alla precedente.
Il medico competente o il RSPP possono indicare, sul piano tecnico od organizzativo, uno specifico motivo per il quale, nei contesti lavorativi critici sopra indicati (ambienti chiusi e condivisi da più lavoratori; ambienti aperti al pubblico; ambienti dove, comunque, non sia possibile il distanziamento interpersonale di un metro per le specificità delle attività lavorative), l’uso della mascherina viene reputato necessario.
In sostanza, si individuano fattori ulteriori a quelli già critici, che rendono necessaria l’adozione di un presidio che, già reputato importante, diviene imprescindibile.
In presenza di tale eventuale indicazione, il datore di lavoro può imporre l’uso della mascherina ai lavoratori interessati, che dovranno indossarla.
Ovviamente, la prima ipotesi espressamente presa in considerazione direttamente nel Protocollo è la tutela dei lavoratori fragili; nel corso della circolare si sono evidenziate altre ipotesi che potrebbero portare il medico o il RSPP a individuare ulteriori fattispecie
Si tratta di una questione di ordine tecnico/organizzativo, individuata dietro indicazione specifica del medico o del RSPP, non di una soluzione oggetto di confronto sul piano sindacale, e quindi da gestire all’interno del Comitato. È stata infatti respinta una richiesta in tal senso avanzata dal sindacato, fermo restando che il datore di lavoro, laddove la ritenga utile, può farne oggetto di condivisione nel comitato.
Ovviamente, vengono meno sia l’equiparazione della mascherina chirurgica ai DPI (essendo decorso il termine ultimo che consentiva tale equiparazione) sia, opportunamente, la “raccomandazione” di utilizzo dei DPI, ad ulteriore dimostrazione che il protocollo non prevede né l’obbligo né la raccomandazione nell’uso delle mascherine.
In ambito sanitario, infatti, la raccomandazione equivale ad un obbligo. Come noto, “nell’orizzonte epistemico della pratica medico-sanitaria, la distanza tra raccomandazione e obbligo è assai minore di quella che separa i due concetti nei rapporti giuridici. In ambito medico, raccomandare e prescrivere sono azioni percepite come egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo, tanto che sul piano del diritto all’indennizzo le vaccinazioni raccomandate e quelle obbligatorie non subiscono differenze”⁶.
Sulla base di tali considerazioni:
• il datore di lavoro deve mettere a disposizione di tutti i lavoratori mascherine di tipo FFP2, informandoli sulla importanza e non più sull’obbligo di indossarla nei luoghi di lavoro. Ne consegue che, il datore di lavoro non è più tenuto ad alcuna vigilanza in ordine all’utilizzo della mascherina nei luoghi di lavoro e la sua responsabilità al riguardo si esaurisce nella messa a disposizione di dispositivi FFP2;
• esclusivamente nei casi indicati dal medico competente o dal RSPP, il datore di lavoro è tenuto a imporre ai lavoratori interessati l’utilizzo della mascherina FFP2 e a vigilare sull’osservanza di tale prescrizione. Al riguardo, si segnala la necessità di assicurare adeguata protezione alle informazioni sottese alle indicazioni del medico competente o del RSPP in ordine all’utilizzo della mascherina, in modo da garantire la riservatezza e la dignità dei lavoratori interessati;
• salvi i casi indicati dal medico competente o dal RSPP che, come anticipato, attengono a questioni di ordine tecnico/organizzativo, il datore di lavoro non può in via generalizzata imporre l’utilizzo della mascherina FFP2 nei luoghi di lavoro.
7. Gestione degli spazi comuni (mensa, spogliatoi, aree fumatori, distributori di bevande e/o snack)
La ripresa del contagio ha consigliato di mantenere inalterato lo schema relativo alla gestione degli spazi comuni.
Anzi, laddove il medico o il RSPP lo ritengano, proprio il contingentamento dei tempi di utilizzo di detti spazi potrebbe essere occasione di valutazione di particolare rischio di contagio, tale da giustificare l’indicazione di un uso obbligatorio delle mascherine, per il tempo di presenza negli spogliatoi.
Organizzazione aziendale (turnazione, trasferte e lavoro agile e da remoto, rimodulazione dei livelli produttivi)
Tutto il paragrafo relativo a questo tema è stato soppresso, non essendosi ritenuto opportuno ribadire le limitazioni all’epoca introdotte, anche per il venir meno delle relative basi normative, fermo restando che il ricorso al lavoro agile (v. punto 11) resta ancora uno strumento notevolmente flessibile ed efficace.
8. Gestione entrata e uscita dei dipendenti
In questo caso, non si è ritenuto di alterare le tutele già presenti, anzi, configurandosi questi momenti di possibile ma temporaneo assembramento, potrebbero costituire aspetti valutabili dal medico competente o dal RSPP per l’indicazione di una temporanea obbligatorietà della mascherina FFP2.
Spostamenti interni, riunioni, eventi interni e formazione
Le limitazioni di questa voce, presenti nel precedente Protocollo, non sono state più ritenute adeguate all’attuale situazione.
Con particolare riferimento alla formazione, al di là che la relativa attività è ripresa ormai da tempo, si ricorda che la legge (art. 9bis DL 24/2022) dispone che, nelle more dell’adozione dell’accordo Stato Regioni previsto dal DL 146/2021, la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro può essere erogata sia con la modalità in presenza sia con la modalità a distanza, attraverso la metodologia della videoconferenza in modalità sincrona, tranne che per le attività formative per le quali siano previsti un addestramento o una prova pratica, che devono svolgersi obbligatoriamente in presenza.
9. Gestione di una persona sintomatica in azienda
In questa ipotesi non vi sono modifiche particolari, se non il riferimento alla più recente normativa in tema di isolamento (art. 4 DL 24/2022), il richiamo alla FFP2 invece che alla mascherina chirurgica e l’eliminazione del tema del tracciamento (contact tracing), ormai reso impossibile dal nuovo sistema di autosorveglianza.
10. Sorveglianza sanitaria/medico competente/rls
Il tema della sorveglianza sanitaria si appalesa ovviamente importante, per cui non sono stati operati stravolgimenti nelle considerazioni svolte nel precedente Protocollo.
Resta confermato anche il tema della sorveglianza sanitaria per i lavoratori fragili, in scadenza tuttavia al 31 luglio 2022.
È venuto meno il passaggio relativo alla suggestione di strategia di testing e screening da parte del medico competente, che peraltro erroneamente faceva riferimento ad un ruolo del medico competente nella valutazione dei rischi (dal momento che la valutazione precauzionale in fase pandemica è effettuata dallo Stato e non dal datore di lavoro).
È stato chiarito il passaggio relativo alla riammissione al lavoro, facendo espresso riferimento a quanto già indicato nel punto 2.
Nulla cambia con riferimento alle verifiche al momento del rientro dopo infezione nel caso di conseguente ospedalizzazione.
11. Lavoro agile
Le parti sociali hanno inteso ribadire espressamente la necessità di una proroga del lavoro agile emergenziale (DL 34/2020, art. 90, commi 3 e 4), in quanto uno strumento fondato sull’accordo non presenta il medesimo margine di flessibilità necessaria per gestire il contrasto alla diffusione del covid (soprattutto con riferimento al tema dei lavoratori fragili).
12. Lavoratori fragili
Strettamente connessi al tema del punto precedente, i profili di attenzione alle criticità della situazione dei lavoratori fragili richiedono la proroga ulteriore delle misure di tutela – specificamente richiesta dalle parti sociali – non potendosi gravare esclusivamente sul datore di lavoro le conseguenti alla peculiare criticità che coinvolge questi lavoratori.
13. Aggiornamento del Protocollo
Inalterata la struttura del punto 13, nell’ultimo periodo si specifica che l’ipotesi qui prevista assume un ruolo non aggiuntivo ma residuale (“In mancanza di quanto previsto dai punti precedenti”).
Indicazioni operative
Sia il precedente Protocollo che l’attuale non recano alcuna scadenza o alcun regime transitorio.
Adesso le imprese sono nuovamente chiamate – come sempre accaduto, alla modifica del Protocollo, all’evoluzione normativa o scientifica – ad aggiornare prima possibile i protocolli aziendali con il coinvolgimento del Comitato del punto 13, ricordando che, come già evidenziato nella premessa del Protocollo fin dalla sua prima stesura del 2020, che ciascuna azienda potrà integrare il proprio documento con misure equivalenti o più incisive.
Le azioni che si reputano più opportune sono:
– acquistare mascherine di tipo FFP2, laddove il datore di lavoro non ne sia già in possesso
– organizzare un sistema che garantisca a tutti i lavoratori l’effettiva disponibilità di mascherine di tipo FFP2 e ne gestisca e regoli la distribuzione, ricordando che la normale durata di una mascherina FFP2 è di circa 8 ore (in assenza di particolare deterioramento)
– diffondere una informativa relativa al determinante passaggio costituito dal punto 6 del Protocollo relativo, in particolare, ai seguenti punti:
– salve le ipotesi particolari segnalate dal medico competente o dal RSPP, il nuovo obbligo del datore di lavoro è esclusivamente mettere a disposizione di tutti le mascherine FFP2
– il Protocollo responsabilizza i lavoratori in ordine all’uso corretto della mascherina FFP2 almeno nelle situazioni di maggior rischio
– i lavoratori sono ovviamente liberi di usarle anche a prescindere di situazioni particolarmente a rischio
– il mancato utilizzo della mascherina e le relative conseguenze non sono più imputabili al datore di lavoro
– il datore di lavoro potrà imporre l’uso della mascherina FFP2 in ipotesi particolari, su indicazione del medico competente o del RSPP.
Prime questioni interpretative
1) Ci sono margini per stabilire nel proprio protocollo aziendale che la FFP2 è obbligatoria o raccomandata solo in determinati contesti o mansioni?
La mascherina non è più obbligatoria nei luoghi di lavoro. Il datore di lavoro la mette a disposizione per permettere al lavoratore di usarla nei luoghi di lavoro. In questo modo il Protocollo rimette a ciascun lavoratore l’onere (e la responsabilità) di proteggersi, previa adeguata informazione. Si tratta del vero cambio di passo del Protocollo rispetto al passato.
A fronte della apparente rimessione ai lavoratori di tutte le scelte in ordine all’uso della mascherina, per consentire ai datori di lavoro di gestire situazioni particolari (possibilità che altrimenti sarebbe venuta meno), il secondo capoverso del punto 6 lascia spazio a decisioni aziendali, previa specifica indicazione da parte del medico competente ed il RSPP. È una situazione che non contempla una valutazione dei rischi e che è differente da quella disciplinata, in via generale, nella premessa del Protocollo, che prevede la possibilità di introdurre misure equivalenti o di maggior rigore, dove il Protocollo inserisce questa decisione all’interno del confronto tra le parti (es., a fronte del venir meno dell’obbligo della mascherina, il comitato potrebbe decidere di mantenere obbligatoriamente le chirurgiche laddove i lavoratori non optino individualmente per la FFP2, che comunque deve essere messa a loro disposizione, e laddove non ricorra una situazione di obbligo indicata nella seconda parte del punto 6).
In questo caso, invece, manca un riferimento al Comitato, e la decisione è di natura tecnica (specifica indicazione del medico competente o del RSPP), il che non impedisce ovviamente al datore di lavoro di condividere volontariamente il tema all’interno del Comitato.
2) Nei casi di spazi comuni condivisi e visto il caldo, si può continuare con l’obbligo di usare la chirurgica piuttosto che raccomanda la FFP2 (che poi nessuno mette)?
Manca una previsione di raccomandazione, è il Protocollo che fa della FFP2 un utile protezione nelle particolari situazioni indicate nel documento. Il comitato può disciplinare anche l’uso della mascherina chirurgica. A fronte del venir meno dell’obbligo, infatti, la mascherina chirurgica – per quanto non sia più un DPI – diminuisce oggettivamente la diffusione del virus.
3) Il datore di lavoro deve mettere a disposizione la FFP2 per ciascun dipendente, con evidente aumento di costi, anche se l’uso è solo raccomandato?
L’azienda deve mettere a disposizione la mascherina, ma dall’altra parte c’è l’obbligo di rispettare le indicazioni aziendali e di usare correttamente i dispositivi di protezione individuale (art. 20, Dlgs 81/2008), per cui sarebbe opportuno che l’azienda disciplinasse le modalità con le quali mette a disposizione le mascherine FFP2, ad esempio monitorando il prelievo delle mascherine per finalità lavorative, ricordando che la mascherina ha una durata media di efficacia di circa 8 ore
Allegato 1
Art. 10-quater del decreto-legge 22 aprile 2021 n. 52 convertito con modificazioni dalla legge 17 giugno 2021 n. 87, come modificato dall’art. 11, comma 1, del decreto- legge 16 giugno 2022, n. 68
Attività soggette all’obbligo | Data di scadenza dell’obbligo |
Per l’accesso ai seguenti mezzi di trasporto e per il loro utilizzo: a. navi e traghetti adibiti a servizi di trasporto interregionale; treni impiegati nei servizi di trasporto ferroviario passeggeri di tipo interregionale, Intercity, Intercity Notte e Alta Velocità; b. autobus adibiti a servizi di trasporto di persone, ad offerta indifferenziata, effettuati su strada in modo continuativo o periodico su un percorso che collega più di due regioni ed aventi itinerari, orari, frequenze e prezzi prestabiliti; c. autobus adibiti a servizi di noleggio con conducente; mezzi impiegati nei servizi di trasporto pubblico locale o regionale; d. mezzi di trasporto scolastico dedicato agli studenti di scuola primaria, secondaria di primo grado e di secondo grado |
fino al 30 settembre 2022 |
a. per l’accesso a funivie, cabinovie e seggiovie, qualora utilizzate con la chiusura delle cupole paravento, con finalità turistico-commerciale e anche ove ubicate in comprensori sciistici | fino al 30 aprile 2022 |
a. per gli spettacoli aperti al pubblico che si svolgono al chiuso o all’aperto in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal vivo e in altri locali assimilati, nonché per gli eventi e le competizioni sportivi | fino al 30 aprile 2022 |
a. per gli spettacoli aperti al pubblico che si svolgono al chiuso in sale teatrali, sale d concerto, sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal vivo e in altri locali assimilati, nonché per gli eventi e le competizioni sportivi che si svolgono al chiuso. | dal 1° maggio 2022 al 15 giugno 2022 |
a. in tutti i luoghi al chiuso diversi da quelli di cui al comma 1 e con esclusione delle abitazioni private, è fatto obbligo, sull’intero territorio nazionale, di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie | fino al 30 aprile 2022 |
a. hanno l’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie i lavoratori, gli utenti e i visitatori delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese le strutture di ospitalità e lungodegenza, le residenze sanitarie assistenziali, gli hospice, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti, e comunque le strutture residenziali di cui all’articolo 44 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017. | fino al30 settembre 2022 |
a. in sale da ballo, discoteche e locali assimilati, al chiuso, è fatto obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie, ad eccezione del momento del ballo. | fino al 30 aprile 2022 |