Provocano tra i 250 e i 300 decessi l’anno, ma il bilancio è destinato a salire drammaticamente nei prossimi decenni. Secondo le previsioni di medio/lungo periodo le vittime del lavoro potrebbero essere anche mille in più
Fanno meno notizia degli infortuni sul lavoro, ma possono produrre effetti altrettanto gravi, e a volte perfino fatali. Sono le malattie professionali, una minaccia nascosta ma non per questo meno concreta per il lavoratore, che a volte presentano il conto anche a distanza di molti anni. Delle patologie contratte sul lavoro ha parlato Franco D’Amico, coordinatore generale della Consulenza statistico attuariale dell’INAIL, che da anni analizza il fenomeno delle malattie professionali nel panorama italiano.
Qual è la situazione oggi in Italia? “Negli ultimi anni le malattie professionali hanno registrato un aumento, che si aggira intorno al 7% nel 2007 e, secondo le previsioni, intorno al 2-3% nel 2008. Desta un po’ di sorpresa il fatto che ciò avvenga dopo un quinquennio e più in cui le denunce erano rimaste sostanzialmente costanti: siamo passati infatti da circa 26.500 casi degli anni precedenti ai 28.500 del 2007.
Questo però non ci deve allarmare: non si tratta infatti di un segnale di ripresa del rischio di malattia professionale, ma è piuttosto il frutto di una crescente consapevolezza dei lavoratori e di una politica di sensibilizzazione intrapresa dall’Inail nei confronti dei medici di famiglia.
Va considerato inoltre il forte impegno del legislatore, che è sfociato nell’aggiornamento dell’elenco delle malattie professionali con obbligo di denuncia da parte dei medici stessi”.
Quali sono le nuove malattie? “Si tratta soprattutto di malattie muscolo scheletriche, e in particolare tendiniti, artrosi, affezioni dei dischi inter-vertebrali e sindrome del tunnel carpale. Tali patologie sono più che raddoppiate nel corso degli ultimi anni: basti pensare che nel 2003 erano circa 5mila e rappresentavano il 20% del totale delle malattie denunciate, mentre nel 2007 sono stati registrati più o meno 11mila casi, pari a circa il 40% dell’insieme. In parole povere, prima il muratore o l’autista di autotreni che tornava a casa con l’artrosi o il mal di schiena diceva: <<“pazienza, è successo”>>.
Mentre adesso vi è una maggiore attenzione dovuta sia all’accresciuta sensibilizzazione dei lavoratori e delle associazioni patronali e sindacali sia, in prospettiva, alla nuova tabella per cui non vi è più bisogno dell’onere della prova. E così emergono, anche dal punto di vista statistico, una serie di malattie che c’erano anche prima, ma che non venivano registrate.
Al contrario le malattie tradizionali, ovvero l’ipoacusia e sordità da rumori, che erano state sempre le prime nel nostro Paese e che nel 2003 rappresentavano ancora il 30% delle patologie professionali, nell’ultimo anno sono scese al 20% del totale, scavalcate quindi dai disturbi muscolo-scheletrici.
Cosa quest’ultima che ci allinea agli altri grandi Paesi dell’Unione Europea dove tali affezioni costituiscono la prima causa di malattia professionale”.